Vogliamo spiegare con due semplici articoli del nostro blog l’utilizzo della nanofiltrazione e dell’osmosi inversa nel vino.
OSMOSI INVERSA
La scienza spiega che l’osmosi inversa utilizza membrane con una ritenzione molecolare (in inglese MWCO) inferiore a 500 dalton e in genere una porosità inferiore a 1 nanometro.
L’osmosi inversa può rimuovere efficacemente quasi tutti i contaminanti inorganici. Tramite l’osmosi inversa è possibile anche rimuovere efficacemente sostanze organiche naturali, pesticidi, batteri e virus. Per funzionare le membrane di osmosi necessitano di una pressione di esercizio superiore ai 40 bar.
Nel settore enologico, l’osmosi inversa è una pratica consentita per concentrare i mosti, attraverso l’estrazione di acqua e il conseguente incremento della concentrazione zuccherina e di tutti gli altri costituenti. I mosti trattati con osmosi inversa, se paragonati a mosti arricchiti con MCR (mosto concentrato rettificato) risultano più ricchi di componenti fenoliche, di antociani e di estratti.
L’osmosi inversa viene usata anche per la rimozione di alcuni composti deterioranti di piccolo peso molecolare come i composti di acidi volatili (acido acetico e acetato di etile) ma in Italia questo processo è una pratica non ammessa. Questa tipologia di filtrazione viene anche utilizzata per composti Brett come 4-etilguaiacolo e 4-etilfenolo. Tra le applicazioni dell’osmosi inversa c’è anche la regolazione alcolica tramite la rimozione dell’etanolo; questo utilizzo però è sempre meno frequente a favore di sistemi più performanti. ( Leggi l’articolo sulla dealcolazione!)
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